ALLORO
L’alloro è un arbusto sempreverde, spontaneo in tutto il bacino del Mediterraneo, che può crescere fino a diventare un vero e proprio albero. Ha foglie intensamente profumate, adatte per aromatizzare i cibi, ma anche per altri usi domestici. Francesco Petrarca cita spesso l’alloro ne Il Canzoniere scritto a più riprese nel corso di tutta la sua vita (1304 – 1374) perché questa pianta, oltre ad essere simbolo di sapienza, gloria e vittoria, rappresenta anche il rifiuto. E nasce probabilmente da questa simbologia il nome Laura, la donna amata dal poeta, ma inaccessibile.
Anche Giovanni Pascoli parla di una pianta di alloro in una poesia scritta tra il 1892 ed il 1893, quando il poeta torna a vivere con le sorelle Ida e Maria nella casa della sua infanzia. Pascoli ricorda con nostalgia quegli anni e l’alloro diventa, tra le altre cose, la rappresentazione della scarsa sensibilità dell’uomo per la bellezza generosa che si offre al mondo, senza alcun interesse.
Il lauro
Nell’orto, a Massa – o blocchi di turchese, alpi Apuane! o lunghi intagli azzurri nel celestino,
all’orlo del paese!
un odorato e lucido verziere pieno di frulli, pieno di sussurri, pieno de’ flauti delle capinere.
Nell’aie acuta la magnolia odora, lustra l’arancio popolato d’oro – io, quando al Belvedere era
l’aurora, venivo al piede d’uno snello alloro.
Sorgeva presso il vecchio muro, presso il vecchio busto d’un imperatore, col tronco svelto come di cipresso.
Slanciato avanti, sopra il muro, al sole dava la chioma. Intorno era un odore, sottil, di vecchio, e forse di vïole.
Io sognava: una corsa lungo il puro Frigido, l’oro di capelli sparsi, una fanciulla … Ancora al vecchio muro tremava il lauro che parea slanciarsi.
Un’alba – si sentia di due fringuelli chiaro il francesco mio : la capinera già desta squittinìa di tra i piselli
tu più non c’eri, o vergine fugace: netto il pedale era tagliato: v’era quel vecchio odore e quella vecchia pace:
il lauro, no. Sarchiava lì vicino Fiore, un ragazzo pieno di bontà. Gli domandai del lauro; e Fiore, chino sopra il sarchiello: Faceva ombra, sa!
E m’accennavi un campo glauco, o Fiore, di cavolo cappuccio e cavolfiore.
L’alloro compare anche in un brano ambientato all’inizio del XX secolo in Sardegna tratto Dal libro Cenere di Grazia Deledda del 1904, nel quale si racconta dei poteri che alcune piante assumono, se raccolte durante la notte di San Giovanni (24 giugno).
«Cadeva la notte di San Giovanni. Olì uscì dalla cantoniera biancheggiante sull’orlo dello stradale che da Nuoro conduce a Mamoiada, e s’avviò pei campi […].
Non lo sai dunque? L’alloro colto stanotte serve per medicina e per tante altre cose: per esempio, tu spargi le foglie di quest’alloro qua e là sui muri intorno alla vigna o ad un ovile, gli animali rapaci non potranno penetrarvi, né rosicchiare l’uva, né rapire gli agnelli.»
ROSMARINO
L’intenso profumo delle foglie ed il delicato colore dei fiori del rosmarino hanno ispirato molte opere di autori italiani e stranieri. Ad esempio in Spagna nel 1921 Federico García Lorca, drammaturgo, regista teatrale e poeta, pubblica una filastrocca per bambini in cui immortala, come in un quadro, una scena campestre in cui è protagonista il colore del fiore del rosmarino. La filastrocca nasconde tuttavia, dietro la sua semplicità, un potente canto di celebrazione della natura.
Api d’oro
Api d’oro
cercavano il miele.
Dove starà il miele?
E’ nell’azzurro
di un fiorellino,
sopra un bocciolo
di rosmarino.
Parsley, sage, rosemary & thyme (Prezzemolo, salvia rosmarino e timo) è il ritornello della ballata Scarborough Fair di Simon and Garfunkel diventata famosissima perché inserita nella colonna sonora del film cult Il Laureato del 1967. Nel testo di Scarborough Fair, che deriva probabilmente da una ballata del XVII secolo, si racconta di un uomo che chiede alla donna di cui è innamorato di superare alcune prove: fare una camicia di lino senza usare l’ago, oppure trovare un acro di terra tra il mare e la costa. Il racconto è intercalato dal ritornello Parsley, sage, rosemary & thyme: forse un messaggio in codice tra l’uomo e la donna, espresso attraverso il significato simbolico delle piante: rimuovi i dispiaceri della vita, sopporta la lunga separazione, sii fedele nel tempo e abbi coraggio nell’affrontare le prove che ti sono chieste. Le piante possono anche essere amuleti che aiutino la donna a superare le prove.
Scarborough Fair
«Are you going to Scarborough Fair?
Parsley, sage, rosemary & thyme
Remember me to one who lives there
She once was a true love of mine
Tell her to make me a cambric shirt
Parsley, sage, rosemary & thyme
Without no seams nor needlework
Then she’ll be a true love of mine
Tell her to find me an acre of land
Parsley, sage, rosemary & thyme
Between the salt water and the sea strand
Then she’ll be a true love of mine.»
Fiera Scarborough
Stai andando alla Fiera di Scarborough?
prezzemolo, salvia, rosmarino e timo
ricordarmi alle persone che vivono là
lei un tempo era un vero amore per me
Dille di cucirmi una camicia di lino
prezzemolo, salvia, rosmarino e timo
senza giunture e senza usare l’ago per cucire
e lei sarà un vero amore per me
Dille di cercarmi un acro di terra
prezzemolo, salvia, rosmarino e timo
tra l’acqua salata del mare e la sponda
e lei sarà un vero amore per me.
Il rosmarino è anche nel titolo del libro Il rosmarino non capisce l’inverno di Matteo Bussola, pubblicato nel 2022, in cui l’autore racconta storie di donne fragili che tuttavia non si arrendono, così come il rosmarino resiste ai rigori dell’inverno fino all’arrivo della primavera.
BASILICO
Il basilico è una pianta molto diffusa ed utilizzata in tante ricette estive della cucina italiana. Questa pianta viene citata in molte poesie e romanzi, ma abbiamo deciso di cominciare in allegria con un sonetto in romanesco di Aldo Fabrizi, attore, regista, comico e poeta, nato a Roma nel 1905
Er basilico
A parte che er basilico c’incanta
perché profuma mejo de le rose,
cià certe doti medicamentose
che in tanti mali so’ ‘na mano santa.
Abbasta ‘na tisana de ‘sta pianta
che mar de testa, coliche ventose,
gastriti, digestioni faticose
e malattie de petto le strapianta.
Pe’ via de ‘sti miracoli che ho detto,
io ciò ‘na farmacia sur terrazzioni,
aperta giorno e notte in un vasetto.
Dentro c’è ‘no speziale sempre all’opera,
che nun pretenne modulo e bollino
e nun c’è mai pericolo che sciopera.
Terminiamo passando ad un’atmosfera completamente diversa, più intima, crepuscolare. Vi proponiamo infatti un brevissimo estratto di quella che è considerata la poesia più celebre di Guido Gozzano, La Signorina Felicita ovvero la felicità del 1909.
In questa poesia si trovano alcuni dei temi del movimento letterario di cui Gozzano faceva parte: il fascino della semplice vita quotidiana, l’ironia e la parodia di se stessi.
Il profumo del basilico evoca ricordi piacevoli, la nostalgia di una vita tranquilla, lontana dal mondo sofisticato e artefatto cui appartiene il poeta.
Signorina Felicita ovvero la felicità
«M’era più dolce starmene in cucina
tra le stoviglie a vividi colori:
tu tacevi, tacevo, Signorina:
godevo quel silenzio e quegli odori
tanto tanto per me consolatori,
di basilico d’aglio di cedrina […]»
MENTA
La menta non ha fiori particolarmente vistosi, grandi o colorati, eppure nonostante la sua apparente modestia ha ispirato scrittori e poeti che esaltano nelle loro opere il profumo fresco, penetrante e caratteristico delle foglie. Ogni autore declina a modo proprio questo caratteristico profumo. Giuseppe Parini ad esempio nel 1759 scrive un’ode dedicata all’aria, i cui contenuti risultano ancora attualissimi. Egli mette in contrapposizione il fresco profumo della menta che si trova in campagna con l’aria maleodorante di Milano e lancia un appello per migliorare le condizioni ambientali della città invitando i cittadini a modificare abitudini quotidiane scorrette, ma anche criticando l’operato della nobiltà, (ricca ed apatica) e della classe dirigente, interessata solo ai propri profitti.
La salubrità dell’aria
«Pera colui che primo
A le triste ozïose
Acque e al fetido limo
La mia cittade espose;
E per lucro ebbe a vile
La salute civile.
Certo colui del fiume
Di Stige ora s’impaccia
Tra l’orribil bitume,
Onde alzando la faccia
Bestemmia il fango e l’acque,
Che radunar gli piacque»
«A voi il timo e il croco
E la menta selvaggia
L’aere per ogni loco
De’ varj atomi irraggia,
Che con soavi e cari
Sensi pungon le nari»
«Va per negletta via
Ognor l’util cercando
La calda fantasìa,
Che sol felice è quando
L’utile unir può al vanto
Di lusinghevol canto»
Di altro tenore è una poesia di Giovanni Pascoli del 1891 in cui la menta ed il basilico sottolineano un caldo ambiente domestico dove Maria, la sorella minore di Pascoli, cuce. Questa poesia offre l’opportunità anche di riflettere sulla fatica di tante donne che per sopravvivere hanno passato la vita a confezionare vestiti ed a ricamare biancheria.
La cucitrice
L’alba per la valle nera
sparpagliò le greggi bianche:
tornano ora nella sera
e s’arrampicano stanche;
una stella le conduce.
Torna via dalla maestra
la covata e passa lenta;
c’è del biondo alla finestra
tra un basilico e una menta
è Maria che cuce e cuce.
Per chi cuci e per che cosa?
Un lenzuolo? Un bianco velo?
Tutto il cielo è color rosa,
rosa e oro, e tutto il cielo
sulla testa le riluce.
Alza gli occhi dal lavoro:
una lacrima? Un sorriso?
Sotto il cielo rosa e oro,
chini gli occhi, chino il viso,
ella cuce, cuce, cuce.
La menta la troviamo citata anche nel titolo di due libri. Il primo, per bambini, è di Massimiliano Frassi del 2016 e si intitola Osso di menta. Storia del cucciolo con i dentini sporgenti, in cui il cagnolino Flipper, solo e spaventato, incontra finalmente l’amicizia e la sua vita diventa da quel momento deliziosa come un osso di menta.
Il secondo libro è di Andrea Vitali del 2011, dal titolo Zia Antonia sapeva di menta
Zia Antonia sapeva di menta
«Molleggiando sulla punta dei piedi, l’Ernesto si avvicinò. E cominciò a percepire quell’altro odore. Familiare, una carezza. Inspirò profondamente. Poi si chinò verso il viso della zia. Il suo alito sapeva di menta. Come sempre. Zia Antonia sapeva sempre di menta.»
Per chi volesse approfondire la storia, le tecniche di coltivazione e gli utilizzi della menta, a Pancalieri, in provincia di Torino si trova il Museo della menta, inaugurato nell’ottobre 2007. Nel piccolo comune di Pancalieri si coltiva infatti il 50% della produzione italiana di erbe officinali, in particolare la menta piperita.
PREZZEMOLO
Il prezzemolo è una pianta aromatica erbacea biennale le cui foglie hanno un sapore pungente e leggermente amaro e sono utilizzate, sia per il consumo fresco che per la preparazione di piatti soprattutto a base di pesce.
Nel 1956 Italo Calvino pubblica la fiaba “Prezzemolina” prendendo spunto e rielaborando alcuni testi che descrivono, in modo simile, il rito di passaggio dall’infanzia all’età adulta: l’antico mito greco di Danae riportato da Sofocle nell’Antigone, la fiaba napoletana “Petrosinella” di Giambattista Basile pubblicata nel 1634 nella raccolta di fiabe napoletane Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille, fino a Raperonzolo dei Fratelli Grimm (1812- 1815). In tutte queste narrazioni, scritte in epoche e luoghi molto diversi tra loro, la protagonista è quasi sempre una bambina che viene tenuta lontana dalle cure materne e rinchiusa in una torre, in una stanza o in una cassa. La bambina cresce da sola, accompagnata tuttavia dal cosiddetto “aiutante magico” e grazie alla sua curiosità, intelligenza e fermezza, riesce a combattere le sfide quotidiane ed a conquistare la libertà che simboleggia il raggiungimento della propria identità di donna adulta.
Sofocle – Antigone
«Anche la bella Danae
mutò la luce eterea
con un bronzeo carcere,
nascosta fu nei vincoli
di sepolcrale talamo.
Ed era, o figlia mia,
o figlia mia, di nobil sangue, e il germine
di Giove custodía,
disceso in grembo a lei come aurea piova.
Ma del Destino è grave
la potenza; e non armi e non ricchezza
né torre o negra nave
ch’erra per mare ad evitarla giova»
Giambattista Basile – Petrosinella
Incipit
«Na femmena prena se magna li petrosine de l’uorto de n’orca, è couta ’n fallo, le prommette la razza che aveva da fare; figlia Petrosinella,
l’orca se la piglia e la ’nchiude a na torre. No prencepe ne la fuie e, ’n virtù de tre gliantre, gavitano lo pericolo de l’orca e,
portata a la casa de lo ’nnammorato, deventa prencepessa.»
Fratelli Grimm – Raperonzolo
«Raperonzolo, t’affaccia, lascia pender la tua treccia!- Il principe salì, ma, invece della sua diletta, trovò la maga, che lo guardava con due occhiacci velenosi.
– Ah, – esclamò beffarda, – sei venuto a prendere la tua bella! Ma il bell’uccellino non è più nel nido e non canta più; il gatto l’ha preso e a te caverà gli occhi. Per te Raperonzolo è perduta, non la vedrai mai più. Il principe andò fuori di sé per il dolore, e disperato saltò giù dalla torre: ebbe salva la vita, ma le spine fra cui cadde gli trafissero gli occhi.
Errò, cieco, per le foreste … e non faceva che piangere e lamentarsi per la perdita della sua diletta sposa. …alla fine capitò nel deserto in cui Raperonzolo viveva fra gli stenti, coi due gemelli che aveva partorito, un maschio e una femmina. Udì una voce, e gli sembrò ben nota: si lasciò guidare da essa, e quando si avvicinò, riconobbe Raperonzolo che gli saltò al collo e pianse. Ma due di quelle lacrime gli inumidirono gli occhi; essi allora si schiarirono di nuovo, ed egli poté vederci come prima. La condusse nel suo regno, dove fu riabbracciato con gioia; e vissero ancora a lungo felici e contenti.»
Italo Calvino – Prezzemolina
C’era una volta marito e moglie che stavano in una bella casina… che aveva una finestra che dava sull’orto delle fate. La donna aspettava un bambino, e aveva voglia di prezzemolo. S’affaccia alla finestra e nell’orto delle Fate vede tutto un prato di prezzemolo. Aspetta che le Fate siano uscite, prende una scala di seta e cala nell’orto. … Mangia oggi, mangia domani, le Fate, passeggiando nel giardino, cominciarono ad accorgersi che il prezzemolo era quasi tutto andato … «Ah, briccona! T’ho scoperta, finalmente!». «Abbiate pazienza … ho voglia di prezzemolo perché aspetto un bambino…». «Ti perdoniamo … Però, … se avrai una bambina le metterai nome Prezzemolina. E appena sarà grande, la prenderemo con noi!» … E così le Fate portarono Prezzemolina a casa loro. “… Un giorno Memé (cugino delle Fate) andò da Prezzemolina: «Sai, Prezzemolina? Ti vogliono buttare nella caldaia, quando bolle. Ma tu devi dire che manca la legna e che vai in cantina a prenderla. Poi verrò io». Così le Fate dissero a Prezzemolina che bisognava fare il bucato, e che mettesse la caldaia al fuoco. Lei accese il fuoco, poi disse: «Ma non c’è quasi più legna». «Va’ a prenderla in cantina». Prezzemolina scese, e sentì: «Sono qua io, Prezzemolina». C’era Memé che la prese per mano. La condusse in un posto in fondo alla cantina, dove c’erano tanti lumi: «Queste sono le anime delle Fate. Soffia!» … Rimase solo un lume, il più grosso di tutti: «Questa è l’anima della Fata Morgana!». Si misero a soffiare insieme con tutte le loro forze, finché non lo spensero, e così rimasero padroni d’ogni cosa. «Ora sarai mia sposa», disse Memé e finalmente Prezzemolina gli diede un bacio.
Così vissero e godettero, sempre in pace se ne stettero ed a me nulla mi dettero.